giovedì 23 febbraio 2012

'Nchia sottenè

Nel 1975 l'Esercito Italiano fu interessato da una ristrutturazione profonda che intendeva snellire la struttura e ridurre i livelli di comando per aumentarne la reattività in caso di operazioni. Furono soppresse le divisioni e i reggimenti e ai gruppi fu assegnato il livello di comando di Corpo. Nel contempo, alcuni reparti furono soppressi e, tra questi, quello dove facevo servizio io: il Terzo gruppo del 131° reggimento artiglieria corazzata "Centauro" di Novara. Io rivestivo l'incarico di sottocomandante di batteria e, con lo stesso incarico, il 25 luglio 1975 fui trasferito al Terzo gruppo dell'11° reggimento artiglieria da campagna di stanza a Vercelli, che in breve tempo cambiò la denominazione in Terzo gruppo "Pastrengo", inserito nella brigata "Goito".

Il gruppo di Vercelli in un primo tempo doveva essere soppresso e quindi non era stato più alimentato da truppa. Il personale era ridotto a una trentina tra ufficiali e sottufficiali e un centinaio di artiglieri. Dopo un paio di mesi arrivarono però 100/120 reclute da far diventare soldati: occorreva vestirli, educarli alla disciplina militare e fornire loro sia l'addestramento basico sia quello specifico del tiro di artiglieria. Non era un lavoro da poco, anche in considerazione del fatto che gran parte delle reclute non aveva alcuna voglia di fare il militare. Inoltre, circa la metà di questi proveniva dalle regioni del sud, con mentalità, usi e costumi alquanto differenti da quelli che trovavano in una unità militare dislocata al nord.

Tra i soldati ce n'erano alcuni veramente in gamba (qualcuno anche laureato), che avrebbero potuto assolvere all'obbligo della ferma anche come ufficiale di complemento. Ma il servizio sarebbe durato di più e quindi optarono per la truppa. Per me fu un periodo molto bello. Mi ambientai subito molto bene con i colleghi ufficiali e sottufficiali e il lavoro da fare con i soldati era abbondantemente alla mia portata, per cui il mio comandante di batteria si poteva anche permettere il lusso di privilegiare il suo secondo incarico di addetto agli automezzi e dedicare meno tempo alla batteria: tanto c'ero io.

Tra i soldati che giunsero con il primo contingente di reclute non ne dimenticherò mai due di loro: Pulia e Schillaci. Tutt'e due palermitani e tutt'e due cresciuti nel rione storico della Vuccirìa. Pulia era nella mia batteria, mentre Schillaci era inquadrato in un'altra. Ma stavano sempre insieme e se le due unità dovevano seguire addestramenti diversi, era difficile staccarli. Com'è usanza di un certo numero di palermitani di origini - diciamo - non nobili, avevano ambedue l'abitudine di anteporre, a qualunque frase dovessero pronunciare, 'nchia. Per cui, invece di rivolgersi a me dicendo "Signor tenente" dalla bocca gli usciva: 'nchia sottenè. Il mio collega (quello alle cui dipendenza era Schillaci) s'incazzava come una bestia. Io lo sopportavo con una certa dose di senso di umorismo, tanto sapevo che non c'era niente da fare: non sarebbero mai riusciti a pronunciare signor tenente in modo corretto.

Così, spesso, all'adunata del mattino mi rivolgevo a Pulia e gli chiedevo: "Allora, Pulia, come va?". E lui immancabilmente mi rispondeva: "'Nchia sottenè, 'nchia boijddello!". Evidentemente per lui le cose non andavano come avrebbero dovuto. In effetti non andavano diritte per niente perché sia lui sia il suo amico ne combinavano di tutti i colori, al punto che diversi colleghi li punivano chi per un motivo chi per un altro. Fino a che un giorno dovetti fare il giro dei colleghi e spiegare loro che i due ragazzi non erano indisciplinati: erano solo a-disciplinati. Cioè non conoscevano la disciplina perché nel corso della loro giovinezza non c'era stato nessuno che gliela avesse mai insegnata. Erano venuti su con una certa dose di selvatico, che però nulla toglieva alla loro indole buona. I colleghi capirono e da allora in poi li lasciarono stare.

I ragazzi, dopo i 15 mesi di ferma prevista si congedarono, ma la loro voce - specialmente quella di Pulia ('nchia sottenè 'nchia boijddello!) - continuò a risuonare nella mia mente. E risuona ancora. Io, promosso capitano, nel gennaio del 1977 fui trasferito a Civitavecchia (Roma) con l'incarico di comandante di batteria. La provenienza dei soldati era diversa e la maggior parte di loro era romana. Così da 'nchiasottenè diventai sorcapitano.

5 commenti:

  1. Caro Giovanni, bello sto racconto! Me ne ha i sollecitato uno mio sepolto in qualche casella della memoria. Purtroppo la scrittura non è efficace come il parlare dal vivo comunque mi cimenterò. Tu sai che sono stato un sergente A.M.per risolvere nel lontano 1963 la faccenda del militeassolto.
    (non so quanti caratteri ho a disposizione nell'eventualità non bastassero proseguirò con email). Ero entrato in crisi con la scuola frequentavo di mala voglia un secondo ragioneria presso il Duca degli Abbruzzi di Roma in via Palestro - dietro la stazione Termini. Fui invitato giustamente a trovarmi un lavoro per non essere uno sfaccendato che può incorrere in una miriade di tentazioni che mi avrebbero condotto su cattive strade. A Roma anche per i lavori più umili, tipo la consegna del pane a domicilio data l'età ero quasi diciottenne, volevano il "militeassolto" Levati il peso del militare, poi ne riparliamo, mi dicevano.
    Avevo uno zio acquisito colonnello pilota in Aeronautica militare il quale mi avvertì che di li a non molto sarebbe uscito un bando dove cercavano allievi sottufficiali piloti (ASUP) con ferma di 4 anni. Se mi avessero preso avrei risolto parte dei miei problemi ed in più avrei conseguito il brevetto di pilota militare che non era da buttar via e a me poi gli aeroplani piacevano moltissimo ed i piloti per me erano dei miti! (continuo su email..........)

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  2. Ciao, Giovanni. Così torniamo ai tempi d'oro di quand'ero io ad inviarti i miei racconti di caserma... . Da questo tuo, intanto, ho scoperto che nello stesso periodo facevamo esperienze molto simili (reparto quadro in odore di scioglimento, reclute che arrivano, ecc...), tu a Novara e Vercelli, io da Pinerolo a Lenta... .
    E magari ci siamo anche ritrovati d tenenti chissà quante volte... .
    seguirò volentieri il tuo blog... una vera chicca.

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  3. Sì, Dario, credo proprio che ci saremo incontrati qualche volta, anche perché dovremmo avere qualcosa in comune, molto in comune: la Barraggia di Candelo Massazza. Polvere d'estate e fango d'inverno. Mai visto niente di più desolato, nemmeno il Cauc a Capo Teulada.

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  4. Caro Giovanni, questi divertenti bozzetti di vita militare sono esperienze indimenticabili. Al tempo stesso rappresentano uno spaccato della società italiana di quegli anni e della nostra organizzazione militare di allora. C'era la leva obbligatoria, il reclutamento che per le unità dislocate al nord attingeva prevalentemente al sud e tanti giovani che da qui, per la prima volta, si spostavano al nord. Nei tuoi ricordi c'è, perciò, anche tanta storia della nostra Italia. Grazie! Ugo

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  5. Ciao Ugo, ne ho un altro paio di racconti che mi frullano per la testa. Veri, naturalmente, di vita vissuta. Aspetto il momento che mi viene voglia di scrivere.

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