sabato 14 maggio 2011

Caos




No, non è l’inizio del mondo, e nemmeno la fine: è solo il nome di un gatto. Sì, da poco più di due mesi sono proprietario di un gatto che si chiama Caos. Ma io lo chiamo Micio: mi sono accorto che risponde meglio quando lo chiamo così.

L’inizio della storia risale a tanto tempo fa. Ho sempre gradito la compagnia felina. E visto che leoni, tigri e pantere sono troppo ingombranti da tenere in casa, mi sono adattato al gatto. Ebbi un gatto negli anni 70/80, uno splendido siamese. Poi un europeo, negli anni 90.

Da quando vivo da solo mi sono tormentato per diverso tempo nel dubbio se prendere o no un gatto, fino a quando nei giorni 25/27 marzo di quest’anno andai a trovare mia figlia a Fano e spendemmo un po’ del nostro tempo presso la colonia felina Osiride, alla quale Maria Vittoria dedica il tempo libero come volontaria.

Lo scelsi (anzi, ci scegliemmo) il 27 e decisi di prenderlo. Lo volevo nero; e Caos era nero. Lo volevo dolce; e Caos era dolcissimo. Anzi direi che si potrebbe definirlo un po-micione, per quanto gradisce le carezze. Così Toya e Teo me lo portarono l’otto aprile. Arrivarono a Roma, dopo una giornata di lavoro, a mezzanotte meno un quarto, con tutto il kit – come lo chiamai io – di sopravvivenza per dieci giorni (pappa umida, crocchini, lettiera, sabbia, eccetera).

Caos si è ambientato subito e a poco a poco è diventato proprietario di ogni angolo della casa. Oggi lo vedo decisamente a proprio agio ovunque, anche quando cucino e lui salta sul lavello, forse per verificare se c’è qualcosa di buono da sgraffignare.

Quando mangio sale in tavola; di solito per un po’ faccio il severo e gli dico con una certa energia che deve scendere. Esegue, ma dopo quanche minuto risale; fino a quando mi arrendo e gli do da mangiare. Incredibile: è ghiotto di pane. Ma quando mai si è visto un gatto ghiotto di pane!

Dopo cena, quando guardo la televisione, si viene a posare sulle mie gambe e mi immobilizza. Quando vado a letto mi segue e prende posto appiccicato a me. Perfino quando vado – ehm – in bagno per i miei bisognini si accovaccia nel bidet (ho perso completamente la mia privacy).

Ama giocare con una pallina di carta che gli appallottolo e gli lancio. Si diverte tanto anche con la luce di un puntatore laser; e ha pure capito da dove viene la luce. Quando lo chiamo risponde con un tenero miagolìo, ma mi fa anche dei miao-discorsi più articolati. Poi dicono che gli animali non parlano. Parlano, parlano; solo che bisogna entrare in sintonia con loro e capirli.