mercoledì 25 luglio 2012

Sxiamo

Ho imparato a scrivere leggendo dalla prosa poetica di Manzoni a quella drammatica di Pirandello a quella asciutta e senza orpelli di Buzzati. Ho letto e imparato, ma ho cercato di sviluppare un 'mio' modo di scrivere, che rispecchiasse ...la mia personalità e che riuscisse a trasferire al lettore le mie emozioni. Quando andavo a scuola, però, la mia prosa non piaceva e il mio voto più frequente in italiano scritto era 5/6. Fu solo dopo molto tempo che riuscii a scrivere come dicevo io: quando cominciai a collaborare con la Gazzetta di Modena. Al secondo o terzo articolo il direttore mi chiamò e mi disse: "Cazzo, maggiore, ma lo sai che scrivi proprio bene?".

So bene che qualunque lingua è cosa viva e cambia, si trasforma: infatti, quelle che non mutano più si chiamano 'lingue morte'. Ma non è dal cambiamento della lingua italiana che sono impressionato; è piuttosto dallo scempio che se ne fa. Provo un senso di tristezza quando leggo (anche professori) che scrivono "un pò di..." oppure "qual'è il..." dimostrando di non conoscere la differenza tra una elisione e un troncamento. Per non parlare di uso delle maiuscole, minuscole, puntini di sospensione e segni di interpunzione.

Quella dei ragazzi di oggi che scrivono xké, sxiamo, xò eccetera voglio sperare che sia solo una moda che passerà e non lascerà traccia. Ma se questi credono di fare la rivoluzione contro di me 'matusa' e di spazzarmi via, sappiano che un giorno saranno spazzati via anche loro da altri giovani e non ci sarà remissione dei peccati.

Lasciatemi citare un Grande:
"Nessuno vuole morire. Anche le persone che desiderano andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E nonostante tutto la morte rappresenta l'unica destinazione che noi tutti condividiamo, nessuno è mai sfuggito ad essa. Questo perché è come dovrebbe essere: la Morte è la migliore invenzione della Vita. E' l'agente di cambio della Vita: fa piazza pulita del vecchio per aprire la strada al nuovo. Ora come ora ‘il nuovo' siete voi, ma un giorno non troppo lontano da oggi, gradualmente diventerete ‘il vecchio'e sarete messi da parte. Mi dispiace essere così drammatico, ma è pressappoco la verità".
[Dal discorso di Steve Jobs ai neolaureati di Stanford, 12 giugno 2005]