mercoledì 8 dicembre 2010

Coccole

E’ di Giovanni Pascoli la teoria del ‘fanciullino’ che c’è in ognuno di noi. Io l’ho estesa. Penso che in ognuno di noi ci siano tutte le età che abbiamo vissuto, per il semplice fatto che le abbiamo vissute; quindi sono in noi. Così un giorno posso sentirmi sessantunenne, maturo, vissuto, con esperienza tale da poterla condividere con altri; un altro giorno quarantenne, pieno di energie e con voglia di costruire ancora qualcosa; e ancora un altro ventenne, con il desiderio di imparare dagli altri, anche a vivere, e attingere dalla esperienza di chi mi è vicino.

Talvolta posso sentire di avere cinque anni e avere bisogno di coccole. Accidenti che guaio! Quando sono arrivato a una certa età il mondo ha deciso che ero diventato grande e nessuno più ha sentito il bisogno di farmi le coccole, così come avveniva quando ero bambino. Eppure – secondo me – è una esigenza primaria quella delle coccole. Conosco un signore che alla moglie le chiede spudoratamente. Ed è un signore che ha quasi cinquant’anni.

Le coccole sono un atto d’amore. Sono una carezza, un abbraccio, una parola dolce sussurrata guardandosi negli occhi, uno sguardo, un sorriso. E’ pur vero che la regola della Carità cristiana mi dice che è mio compito dare amore senza nulla chiedere in cambio, nemmeno un ‘Grazie’. Ma è forse un peccato desiderare una briciola d’amore? La coccola è una briciola d’amore, che nutre. Così come le briciole che scuoto dalla tovaglia sul balcone di casa. Sembra che non servano più; eppure, dopo un po’ di tempo arriva un passero e se ne nutre.

Ho un’amica (praticamente una sorella) con la quale, quando ci vediamo, ci scambiamo le coccole. No, no, non è sesso; non c’entra niente con il sesso. Le nostre coccole consistono nel parlare e ascoltare. Mi ha dato un grande piacere sentire dalle sue labbra uscire le parole: “Mi fa piacere parlare con te perché mi ascolti”. Ascoltare è un modo di fare le coccole alla persona alla quale si vuole bene. E anche se non le si vuole ancora bene perché non la si conosce abbastanza, è un modo di amare.

La stessa amica mi ha parlato anche della carezza che, secondo lei, è circolare: non ha spigoli. Accidenti se è vero! Gli spigoli sono quelle brutture contro le quali andiamo a sbattere (e ci facciamo male) quando il contatto tra persone non è quello che dovrebbe essere. La carezza no, non ha spigoli. E si può accarezzare in mille modi, non solo con le mani, ma anche con le parole, con lo sguardo, con la semplice attenzione. E’ fare le coccole.

Da quando ero bambino, e tutti mi davano le loro coccole, sono cresciuto. Ma solo ora, che sono grande, ho cominciato ad apprezzarle.

1 commento:

  1. Tempo fa lessi un articolo davvero impressionante. Si trattava di una indagine condotta su un elevato numero di neonati allevati negli orfanotrofi di alcuni Paesi dell'Europa dell'Est. A questi piccoli non veniva fatto mancare nulla di ciò che si ritiene necessario alla vita: venivano nutriti e il cibo era buono e sufficiente. Inoltre erano ben coperti e lavati con regolarità. Erano tanti, però, e non c'era la possibilità di somministrare loro le carezze. Sopra ciascun lettino era appeso un biberon e i banbini si potevano attaccare da soli, ogni volta che volevano il latte. Nessuno li prendeva in braccio per allattarli. Questi piccoli sfortunati non conoscevano le coccole.
    Gli autori dell'indagine hanno evidenziato che il sistema immunitario dei bimbi era molto debole e tanti di loro morivano per banali affezioni, nonostante le cure mediche che venivano loro somministrate.
    Le carezza aiutano a crescere. Senza carezze si può anche morire.
    Grazie, Giovanni, per le tue parole che ci inducono a riflettere.

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