Nel 1963 avevo 18 anni ed ero entrato
in crisi con la scuola. Frequentavo di mala voglia il secondo
ragioneria presso il Duca degli Abruzzi di Roma in via Palestro,
dietro la stazione Termini. Fui invitato giustamente a trovarmi un
lavoro per non essere uno sfaccendato e rischiare di incorrere in una
miriade di tentazioni che mi avrebbero condotto sulla cattiva strada.
A Roma, anche per i lavori più umili tipo la consegna del pane a
domicilio, data volevano il milite-assolto. "Levati il peso del
militare, poi ne riparliamo" mi dicevano.
Avevo uno zio acquisito che era
colonnello pilota dell'Aeronautica militare, il quale mi disse che di
lì a poco sarebbe uscito un bando per l'arruolamento di allievi
sottufficiali piloti (ASUP) con ferma di quattro anni. Se mi avessero
preso, avrei risolto parte dei miei problemi e in più avrei
conseguito il brevetto di pilota militare, che non era da buttar via.
A me, poi, gli aeroplani piacevano moltissimo e i piloti li
consideravo dei miti!
Arruolato in aviazione, non come
pilota ma come specialista elettrotecnico di bordo e strutture
aeroportuali, mi trovavo nel 1965 presso la base missilistica del 66°
Gruppo IT sull'Altopiano di Folgaria (Trento) e Tonezza del Cimone
(Vicenza) e m'ero anche un pò gasato perché partecipavo col grado
di primo aviere all'operazione "Pinguino".
Un giorno di bel sole a inizio
primavera venne a farci visita un generale con sua moglie. Il
generale allora 45enne era un bel signore dai modi distinti che a me
ricordava un pò David Niven oppure Mandrake. Sua moglie era
bellissima e affabile, a livello di Belen di oggi. Qualche
maresciallo era preoccupato e per il pranzo voleva dividere i
militari (ufficiali, sottufficiali e truppa) tra differenti tavoli.
Il generale invece disse che per il pranzo avrebbe gradito stare
assieme a tutti, in un'unica tavolata e in ordine sparso, senza
dividere i gradi (in tutti si era una ventina di persone).
Io capitai accanto alla moglie del
generale (non descrivo i gradevolissimi effluvi da star che emanava).
Accanto al generale capitò un aviere abruzzese che svolgeva funzioni
di cuoco. La giornata era molto bella, fuori la neve bianca
illuminata da uno splendido sole. L'elicottero del generale era
parcheggiato nell'area di lancio, come un automezzo in zona
parcheggio. Con il generale, sull'elicottero erano venuti anche un
maresciallo pilota nemmeno trentenne e un sergente motorista,
provenienti da Padova. A un certo momento l'attenzione del generale
fu richiamata dal suo contiguo commensale, l'aviere abruzzese, il
quale gli disse: "Generà, hai mangiato bbuono? Sei stato
bbuono? Ti sei divertito? Adesso tu te ne vai e quando non ci sei più
nuie stammo a 'o friddo e se magnammo stukazz!".
Il nostro tenente, un certo Ciprian di
Vicenza con funzioni di comando, sbiancò in volto e a denti stretti
minacciò l'aviere di punirlo pesantemente per questa sua sortita. Il
generale, molto signorilmente e con grande senso di humour, capì la
situazione e con un bel sorriso stampato sulle labbra, mentre sua
moglie si sbellicava dalle risate, disse che nessuno si sarebbe
dovuto permettere di punire l'aviere, altrimenti avrebbe fatto i
conti con lui in persona.
Il pranzo e la visita del generale
proseguirono senza intoppi. E il cuoco abruzzese non fu punito. Per
me fu una grande scuola di vita, di saggezza e di umanità, con buona
pace per chi crede che i militari siano dei guerrafondai.
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